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Un dialogo muto tra ombre e bagliori, tra il vuoto e una luce che lotta per emergere. Il nero avvolge tutto, denso, impenetrabile, ma attraversato da fenditure di rosso e viola, come cicatrici che raccontano di un’energia trattenuta, di un movimento che si consuma nell’attesa. Lo spazio non è mai fermo, vibra sotto la superficie, si flette, si distorce, suggerisce percorsi invisibili che si intrecciano senza mai svelarsi completamente. Il rosso si espande come una ferita aperta, stratificato, inciso, inciso ancora, come se il tempo stesso lasciasse il suo segno. Il viola sfuma nel nero, una presenza silenziosa, un respiro trattenuto. Nulla è netto, tutto è sospeso in una tensione che non esplode, ma pulsa sottilmente, richiamando lo sguardo, lasciandolo in bilico tra
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attrazione e smarrimento. Ogni dettaglio sembra suggerire un passaggio, una trasformazione imminente che non avviene mai del tutto. C’è un’attesa, un varco che si insinua tra le superfici sovrapposte, tra il buio e la luce, tra il visibile e l’invisibile. Metafora N°211 non dà risposte, ma pone domande silenziose, lasciando lo spettatore nell’incertezza di uno spazio che si disfa e si ricompone sotto il peso del tempo.
Maria Stones, critica d'arte
Acrilico su carta Frabiano su panello PVC 70x70cm
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