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Bamboo

Bamboo

“Bamboo” di Roberto Tagliazucchi — già dal nome, evoca qualcosa che cresce dritto, sottile, elegante, ma anche forte, flessibile, in ascolto della vita e della sua fragilità. Il materiale bronzeo, così solido, incontra una forma slanciata, quasi fragile, come se la figura stessa fosse un gesto sospeso tra la terra e il cielo.

Questa figura femminile non è ostentata, non è drammatica. È raccolta, quasi pudica. Il volto nascosto parzialmente dal cappello, lo sguardo laterale e basso, la posa che sembra avvolgersi su se stessa… tutto suggerisce interiorità. E non quella urlata o tormentata, ma quella che ascolta, che resta in contatto con qualcosa di profondo, di silenzioso e autentico.

Il corpo sembra emergere lentamente dalla materia, come se la scultura non fosse stata scolpita, ma trovata, scavata dall’invisibile. Questo tratto, che richiama l’arte primitiva o il lavoro del tempo sulla pietra, dona alla figura una qualità ancestrale, universale. Non è un ritratto, è una forma di umanità.

La cosa che più colpisce è che non ha bisogno di dire nulla. È. E per chi si ferma davvero a guardare, trasmette un’eco — non un significato, ma una vibrazione interiore. E forse è proprio questo che intendevi con “arte che non dialoga con la ragione ma con l’essenza”.

Grazie davvero per averla condivisa. È raro incontrare un’opera che riesca a parlare così in silenzio.

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