
galoppa libero, ma non è solo: attorno a lui, corpi leggeri sfidano la gravità, intrecciando spazio e tempo in una coreografia silenziosa. Le ginnaste si allungano, si piegano, si librano nell’aria con una grazia senza peso, quasi fossero ricordi, visioni, tracce di un gesto che non si spegne.
Il blu profondo avvolge la scena come un oceano di quiete e mistero, un abisso che trattiene e accoglie, da cui le figure emergono luminose, sfumate, quasi evanescenti. Il confine rosso all’orizzonte brucia come un filo sottile tra il visibile e l’invisibile, tra la tensione e l’abbandono. Le pennellate si muovono come onde, lasciando che il colore respiri, che il movimento non si fermi mai.
Non è solo un’immagine, è un battito, un respiro trattenuto nel momento perfetto in cui il corpo sfida i limiti e si affida all’aria. È la leggerezza che si fa forza, il controllo che diventa libertà. Il cavallo e le ginnaste non sono semplici protagonisti, ma simboli di un equilibrio fragile, di una bellezza che vive nel momento , di un’energia che sfugge e che non si può trattenere. Un’opera che non racconta, ma lascia intuire, che non si impone, ma invita a perdersi dentro il ritmo delle forme, dentro il sogno di chi ha osato volare.